Può un cane essere considerato alla stregua di una valigia?
Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sì. In una sentenza che ha lasciato molti sconcertati, i giudici europei hanno stabilito che gli animali da compagnia trasportati nella stiva di un aereo rientrano nella categoria dei “bagagli”, e che dunque il risarcimento in caso di smarrimento segue le stesse regole di una valigia o di un oggetto personale.
Una decisione che riapre il dibattito sul riconoscimento giuridico degli animali come esseri senzienti, sancito dall’articolo 13 del Trattato di Lisbona, ma che – almeno nei cieli europei – sembra ancora trovare poco spazio.
Il caso: un volo da Buenos Aires a Barcellona e un cane scomparso
Tutto nasce nel 2019, quando una passeggera in viaggio da Buenos Aires a Barcellona con la compagnia Iberia si vede costretta a far imbarcare la propria cagnolona nella stiva pressurizzata: l’animale era troppo grande per poter viaggiare in cabina, dove di norma sono ammessi solo cani di piccola taglia, fino a 8-10 kg compreso il trasportino.
Durante le operazioni di carico, però, qualcosa va storto: il cane riesce a fuggire all’aeroporto di Buenos Aires e non viene più ritrovato.
La proprietaria, disperata, chiede un risarcimento alla compagnia aerea. Iberia si dichiara disponibile, ma solo nei limiti previsti per lo smarrimento di un bagaglio: 1.627,63 euro, come stabilito dalla Convenzione di Montreal, che regola la responsabilità dei vettori aerei a livello internazionale.
Gli animali come “oggetti”: la decisione della Corte di Giustizia UE
La passeggera non si arrende e porta il caso davanti alla Corte di Giustizia dell’UE.
La sua richiesta: un risarcimento di 5.000 euro per danno morale, sottolineando che non aveva perso un bene materiale, ma una compagna di vita.
La Corte, tuttavia, conferma la posizione della compagnia aerea: gli animali trasportati in stiva sono “bagagli” ai sensi della Convenzione di Montreal, e quindi non possono essere equiparati a passeggeri.
In assenza di una “dichiarazione speciale di interesse” (una sorta di assicurazione aggiuntiva che consente di fissare un valore maggiore per il bagaglio), il rimborso resta limitato alla cifra standard.
La Corte ha aggiunto che, sebbene il benessere animale sia un obiettivo riconosciuto dall’Unione Europea, ciò non impedisce che gli animali vengano considerati bagagli ai fini della responsabilità civile, purché durante il trasporto siano rispettate le loro esigenze di benessere.
Una contraddizione con il diritto europeo sul benessere animale?
La sentenza appare in palese contrasto con l’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che obbliga gli Stati membri a tenere conto del benessere degli animali “in quanto esseri senzienti”.
Sebbene il testo menzioni i settori dell’agricoltura, della pesca e dei trasporti, i giudici non hanno ritenuto che la tutela si estendesse ai trasporti aerei commerciali.
Una scelta che molti osservatori definiscono anacronistica, specie in un’epoca in cui gli animali domestici sono considerati membri della famiglia più che semplici beni materiali.
Il paradosso: voli “pet-friendly” in aumento, ma la legge resta indietro
La sentenza arriva proprio mentre il mondo dell’aviazione sta facendo passi avanti sul fronte del trasporto degli animali da compagnia.
Solo poche settimane fa, ITA Airways ha effettuato un volo sperimentale tra Milano Linate e Roma Fiumicino con due cani di taglia media in cabina, senza trasportino.
L’iniziativa, salutata con entusiasmo da associazioni animaliste e dallo stesso ministro dei Trasporti Matteo Salvini, potrebbe aprire la strada a nuove regole europee più “pet-friendly”.
Ma casi come quello della signora argentina mostrano il lato oscuro dei voli con animali: molti proprietari preferiscono evitare di far viaggiare il proprio cane in stiva, considerata un ambiente potenzialmente stressante o pericoloso.
E la decisione della Corte UE non farà che rafforzare queste paure.