Cosa c'è dietro il "miao" del nostro gatto? Arriva l’intelligenza artificiale che decodifica i miagolii
Una sorta di traduttore per gatti: da versi incomprensibili a equivalenti emozionali in linguaggio umano. Si potrà davvero parlare con loro?

Immaginate questa scena: il vostro gatto vi si avvicina, miagola, vi gira intorno e poi si sdraia fissandovi con i suoi occhioni. Cosa vuole? Cibo? Coccole? E se vi dicessimo che oggi, un’intelligenza artificiale è in grado di rispondere con un’affidabilità del 91%?
L'IA che riconosce i bisogni dei felini
No, non è una gag di Futurama, la celebre serie animata statunitense ideata da Matt Groening e ambientata in un futuro fantascientifico. È realtà o quantomeno un tentativo di avvicinarcisi molto.

Alcuni scienziati hanno messo a punto un sistema di IA capace di analizzare i miagolii in tempo reale, riconoscendo diverse categorie di “messaggi felini”: richieste di cibo, bisogno di attenzioni, ricerca di conforto. Non traduce in “parole umane” – il gatto non vi dirà “ho fame” – ma decifra pattern vocali riconducibili a emozioni e bisogni precisi.
E come se non bastasse, la Cina è già pronta a fare un passo avanti. Baidu, il colosso tecnologico soprannominato “il Google d’Oriente”, ha depositato un brevetto per un traduttore animale basato sull’IA. Obiettivo dichiarato: creare una comunicazione emotiva più profonda tra umani e animali.
Il gatto ti parla... o almeno ci prova
Secondo quanto trapelato dal brevetto, il sistema di Baidu raccoglierebbe vocalizzi, comportamenti e persino parametri fisiologici (come la frequenza cardiaca), li elaborerebbe attraverso un modello di IA, e li tradurrebbe in equivalenti emozionali in linguaggio umano. In pratica: un “ChatGPT for Cats”, con sensori biometrici.
Ma siamo davvero così vicini a una “Google Translate felina”? Forse. O forse siamo solo davanti all’ennesima illusione. Come spesso accade nel mondo dell’IA, il software è in fase embrionale.
Nel frattempo, app come MeowTalk vantano una precisione del 90% nel riconoscimento dei miagolii. E altri progetti, come Feline Glossary Classification 2.3, promettono addirittura il riconoscimento di 40 tipi diversi di miagolio. Nessuna revisione scientifica, per ora. Ma tanti apprezzamenti dai padroni che sognano un vero dialogo con il proprio micio.

Certo, gli esperti ammoniscono: gli animali non “parlano”, comunicano con segnali situazionali e comportamenti. Non esiste un “linguaggio felino” fatto di soggetto, verbo e complemento. Un miagolio può indicare fame, stress o piacere, ma non sarà mai una riflessione filosofica sulla ciotola vuota.
Tuttavia, l’IA può individuare pattern, interpretare segnali ripetitivi, e dare finalmente una risposta plausibile a quella domanda che ogni proprietario di gatto si è posto almeno una volta: “Ma cosa vuole da me?”
Al netto dei sogni dei padroni, Baidu sa bene che il vero valore è nel dataset. Tradurre i miagolii non significa solo capire i gatti: significa posizionarsi, brevettare uno standard, e magari un giorno vendere un dispositivo avanzato da posizionare vicino alla lettiera.