l'ambiziosa idea

Il primo stadio sospeso del mondo: in Arabia Saudita si giocherà a 330 metri di altezza

Si chiamerà NEOM Stadium, e sarà il primo “sky stadium” del pianeta

Il primo stadio sospeso del mondo: in Arabia Saudita si giocherà a 330 metri di altezza

Avete mai sognato di assistere a una partita di calcio… tra le nuvole? In Arabia Saudita non è più fantascienza, ma un progetto in costruzione. Si chiamerà NEOM Stadium, e sarà il primo “sky stadium” del pianeta, un impianto sportivo letteralmente sospeso a oltre 330 metri da terra, nel cuore della futuristica The Line, la città lineare che il regno sta erigendo nel deserto come simbolo del suo nuovo corso.

Una città lunga 170 chilometri e uno stadio appeso al cielo

The Line, per chi se la fosse persa, è la metropoli del futuro senza auto, a zero emissioni, alimentata da energie rinnovabili e costruita come un unico grattacielo orizzontale lungo più di 170 chilometri. Dentro questa città fantascientifica nascerà il NEOM Stadium: un impianto con 46.000 posti, tetto integrato nella struttura della città e vista panoramica da capogiro.

La costruzione partirà nel 2027 e dovrebbe concludersi entro il 2032, giusto in tempo per ospitare alcune partite della Coppa del Mondo FIFA 2034, per la quale l’Arabia Saudita si è candidata.

L’impianto sarà alimentato interamente da fotovoltaico ed energia eolica, raggiungibile solo con mezzi elettrici automatizzati, e progettato per fondere architettura futuristica, tecnologia smart e sostenibilità ambientale.

Insomma, lo stadio del futuro non avrà parcheggi, ma potrà contare su una connessione superveloce e un’esperienza immersiva tra realtà aumentata, concerti, e-sport e wellness zone integrate.

Il costo? Misterioso (ma probabilmente astronomico)

Parlare di costi nel caso di NEOM è come chiedere “quanto costa il futuro”: difficile dare cifre esatte.
Il mega-progetto NEOM, che comprende The Line e molte altre infrastrutture visionarie, è stato inizialmente stimato in 500 miliardi di dollari, ma alcune valutazioni interne arrivano a parlare di 8,8 trilioni di dollari e di un completamento che potrebbe spingersi fino al 2080.

Quanto al solo stadio, non esistono cifre ufficiali, ma diverse fonti parlano di circa un miliardo di dollari solo per l’impianto sospeso. In realtà, è più corretto dire che lo stadio è una tessera di un gigantesco puzzle urbano, parte della strategia “Vision 2030”, con cui Riyad punta a diversificare la propria economia e a trasformarsi in un hub globale di turismo, sport e tecnologia.

Lo “sky stadium” non sarà quindi solo un’arena sportiva, ma anche un simbolo geopolitico e di branding nazionale, un messaggio al mondo: il futuro si costruisce — letteralmente — in Arabia Saudita.

Sogno o follia architettonica? Le incognite dietro la meraviglia

Per quanto grandioso, il progetto solleva più di una domanda. Come si evacua uno stadio sospeso a 330 metri in caso di emergenza? Quanto peserà in realtà sul piano ambientale una struttura del genere?
E soprattutto, riuscirà davvero a essere completato nei tempi previsti, considerando che anche The Line ha già visto i suoi piani ridimensionarsi — da milioni di residenti promessi, si è passati a qualche centinaio di migliaia nella prima fase?

Le sfide tecniche e ingegneristiche sono immense: costruire uno stadio sospeso non ha precedenti, e richiederà standard di sicurezza e materiali mai testati su scala simile.

Sul piano sociale e politico, poi, emergono le consuete ombre: c’è chi vede in questi progetti una forma di “sportswashing”, cioè un tentativo di migliorare l’immagine internazionale del Regno attraverso eventi spettacolari, mentre le condizioni dei lavoratori migranti restano oggetto di attenzione e critica.

Tra sogno, potenza e contraddizioni

Il NEOM Stadium è, in fondo, l’emblema perfetto della nuova Arabia Saudita: ambiziosa, spettacolare, determinata a stupire, ma anche intrappolata tra sogno e realtà. Promette sostenibilità, ma richiede risorse colossali; punta al cielo, ma deve ancora convincere che il futuro non resti solo un rendering 3D.

Sarà un’icona dell’architettura contemporanea o l’ennesima “mega-promessa” irrealizzata del XXI secolo?