L'antechino, il marsupiale che si "consuma" per accoppiarsi: però muore felice
Questo piccolo mammifero australiano vive solo per riprodursi una volta nella vita. E poi muore, esausto e senza rimpianti

In natura si è pronti a tutto per amore. Ma nessuno batte l’antechino, un minuscolo marsupiale australiano che, pur di trasmettere i propri geni, si gioca la vita in un’unica, sfrenata stagione degli amori. E non è un modo di dire: i maschi, dopo poche settimane di sesso selvaggio e privazione totale di sonno, muoiono uno dopo l’altro, distrutti dallo stress e dalle fatiche dell’accoppiamento.
Una storia curiosa, al limite dell’incredibile, ma assolutamente vera – e documentata da anni di ricerche scientifiche.
L'antechino, il marsupiale che si "consuma" per accoppiarsi
L’antechino è uno dei pochi mammiferi noti ad adottare una strategia riproduttiva chiamata semelparità, termine che in biologia indica le specie che si riproducono una sola volta nella vita. Un comportamento comune in alcuni pesci o insetti, ma rarissimo tra i mammiferi. Eppure, per l’antechino maschio, funziona così: nascita, crescita, sesso... morte.
Tutto comincia ad agosto-settembre, quando i giovani maschi, dopo essere rimasti con la madre oltre lo svezzamento, si separano dal nido familiare. In quel momento, accade qualcosa di straordinario (e fatale): i livelli di ormoni sessuali e dello stress volano alle stelle, il sistema immunitario collassa, e il corpo inizia a consumarsi. I maschi smettono di mangiare e dormire, diventano iperattivi, aggressivi e si lanciano in maratone amorose di oltre 12 ore con più femmine possibile.
Amori sfrenati e battaglie tra rivali
Durante questo breve periodo, ogni maschio si gioca tutto. L’unico scopo è accoppiarsi il più possibile, e se serve, si azzuffano tra loro per ottenere la priorità con le femmine. Non si fermano mai. Mangiare? Dormire? Inutile, una perdita di tempo prezioso. Ogni energia è dedicata alla riproduzione.
Entro la fine di settembre, la sorte è segnata: tutti i maschi sono morti. Malattie, infezioni, parassiti, stress cronico e, secondo alcuni studi, un crollo metabolico irreversibile segnano la fine di queste creature instancabili.
Perché lo fanno? La scienza cerca risposte
Secondo John Lesku, ricercatore della La Trobe University, i maschi hanno un’unica occasione di generare prole in un periodo riproduttivo di tre settimane e, come emerso dagli studi, diventano sempre più irrequieti e frenetici in quelle settimane, al contrario delle femmine che mantengono un comportamento più stabile.
Gli scienziati non sono ancora certi di quale sia la causa esatta della morte. La privazione di sonno contribuisce, ma non basta a spiegare tutto: probabilmente si tratta di una combinazione letale di fattori fisiologici e ormonali che rendono questa strategia estrema ma evolutivamente vantaggiosa: in questo modo, il maschio massimizza le sue probabilità di lasciare discendenza, sacrificando completamente la sua sopravvivenza.
Altri animali dalla vita “usa e getta”
L’antechino non è l’unico a seguire questa strategia. Anche il camaleonte di Labord, originario del Madagascar, vive una vita breve ma intensa: nasce a novembre, cresce in fretta, si accoppia e muore entro febbraio o marzo. Tutto in una sola stagione.
I salmoni, invece, intraprendono migrazioni estenuanti controcorrente per deporre le uova. Le femmine muoiono subito dopo, mentre i maschi resistono solo un po' più a lungo, giusto il tempo di sorvegliarle.
Amare (fino alla fine)
In un mondo in cui molte specie si battono per sopravvivere il più a lungo possibile, l’antechino gioca una partita diversa: consumarsi in poche settimane per un’esplosione finale di fertilità, prima del sipario.