A Milano, dire “no” al pagamento con carta può costare caro. Chiedere per credere al tassista protagonista della vicenda che ha fatto sorridere (e discutere) la città: 45 giorni di sospensione per aver rifiutato una corsa solo perché il passeggero voleva pagare con il Pos.
Ripartenza verso… la sospensione
È il 9 aprile, pieno pomeriggio davanti al Fatebenefratelli. Un paziente chiede un taxi per tornare a casa e, con cortesia, avvisa:
“Pago con la carta di credito”.
Risposta secca dell’autista:
“No, non si può”.
E così, il cliente resta sul marciapiede, il tassista riparte ma stavolta verso… la sospensione.

La vicenda, finita nera su bianco nella determina del Comune di Milano, è costata un mese e mezzo di stop all’autista. Il motivo? Ha infranto ben due articoli del regolamento: uno sull’obbligo di comportamento corretto verso i clienti e uno sull’obbligo di accettare ogni corsa, salvo rare eccezioni.
Insomma: se il cliente non può salire, neanche il tassista può più lavorare. La storia fa sorridere, ma tocca un nervo scoperto.
Da anni, la “questione Pos” è tra le più spinose per i taxi italiani. Eppure, secondo l’indagine Mystery Client 2024 della Regione Lombardia, nel 97,9% delle corse i pagamenti elettronici vengono accettati senza problemi. Quel 2,1% restante, però, rischia di finire nella storia e, come in questo caso, nella sezione disciplinare.
Punito anche un tassista troppo… sportivo
Non finisce qui. Qualche settimana dopo, un altro tassista è stato “beccato” a gonfiare la tariffa. Il 26 maggio accompagna un cliente dal centro a Malpensa, chiede 136 euro invece dei 110 fissati per quella tratta e consegna pure una ricevuta incompleta. Risultato? 33 giorni di sospensione e obbligo di rimborsare 26 euro al passeggero.
Il viaggio più costoso della sua carriera, ma per lui, non per il cliente.

E poi c’è il tassista “sportivo”. Il 18 giugno, a Linate, la Polizia locale ferma un’auto bianca: al volante c’è un autista in tuta da ginnastica. Peccato che il regolamento comunale, articolo 44 lettera k, lo vieti esplicitamente: niente canottiere, niente pantaloncini, niente ciabatte, e — appunto — niente tuta. Per lui, niente sospensione ma un richiamo ufficiale: “Vestirsi bene, anche in corsa”.
Tre storie diverse, un’unica morale per i tassisti: rispettare le regole e tenere gli occhi bene aperti, la Commissione comunale è pronta violazioni da manuale.