Scacco matto (alla logica): il regime talebano mette al bando pure il gioco degli scacchi
Nel loro instancabile sforzo di riportare il Medioevo alla ribalta, i talebani vietano uno dei giochi più antichi e pacifici della storia, colpevole di "minare la moralità pubblica"

Mentre il mondo si preoccupa di intelligenza artificiale, crisi climatiche e guerre globali, in Afghanistan i talebani combattono una battaglia ben più urgente: quella contro gli scacchi. Sì, proprio quel passatempo da biblioteca polverosa, da panchina del parco, da torneo tra silenziosi pensionati. Il problema? Troppo peccaminoso, a quanto pare.
Il regime talebano bandisce gli scacchi
Secondo la Direzione sportiva del regime, con voce solenne, il gioco degli scacchi è stato sospeso perché "potenzialmente associato al gioco d'azzardo". A comunicarlo è stato il portavoce Atal Mashwani, che ha spiegato che il nobilissimo sport mentale viola le leggi sulla “diffusione della virtù e la prevenzione del vizio”. Perché niente dice “vizio” come due persone che si fissano in silenzio davanti a una scacchiera.

Naturalmente, non è stata fornita alcuna indicazione sulle sanzioni per chi oserà muovere un alfiere di troppo. Ma tranquilli: il divieto è solo “temporaneo”, in attesa che si chiariscano “questioni religiose”. E sappiamo tutti quanto siano rapidi i regimi teocratici a risolvere ambiguità dottrinali.
Un'altra libertà rubata
Intanto, a Kabul, Azizullah Gulzada – proprietario di un bar dove si giocava a scacchi – ha dovuto mettere via i pezzi e chiudere i tavolini. Lui stesso ammette che i suoi clienti non avevano mai scommesso, ma tant’è: meglio non sfidare l’ira del ministero della Virtù (che sembra uscito da un romanzo distopico, ma purtroppo è realtà).
D’altronde, se in Afghanistan oggi sei una donna, non puoi andare all’università, né farti un giro al parco, né tagliarti i capelli in un salone. A questo punto, vietare anche la torre e il cavallo era il passo logico successivo.
Ma non tutto è perduto: il cricket è ancora permesso. Agli uomini, ovviamente. Alle donne resta la regina, almeno sulla scacchiera. Sempre che non venga giustiziata per eccesso di mobilità.