Immagina una scuola dove i bambini non hanno paura dei brutti voti. Nessuna corsa ai dieci, nessuna ansia da verifica, nessuna minaccia del “se prendi un cinque, niente cartoni”. Sembra un sogno? In Giappone, è realtà.
Nel Paese del Sol Levante, i bambini non ricevono voti fino ai dieci anni, cioè fino alla quarta elementare. Per i primi tre anni di scuola, non esistono esami formali né pagelle da mostrare ai genitori. L’obiettivo non è “insegnare per superare un test”, ma insegnare a vivere bene.
Lezioni di vita prima che di grammatica
In queste scuole, le materie più importanti non sono la matematica o la geografia, ma la gentilezza, la responsabilità e il rispetto. Gli insegnanti guidano i bambini a capire come comportarsi, come collaborare e come affrontare i conflitti con calma.
Ogni giornata scolastica diventa una palestra di umanità.

I piccoli studenti imparano a salutare con un inchino, a parlare con rispetto, a prendersi cura degli altri e dell’ambiente. E non è solo teoria: i bambini puliscono le loro aule, servono il pranzo ai compagni e mettono in ordine la scuola. Nessun bidello, nessuna distinzione tra “chi sporca” e “chi pulisce”: tutti partecipano al bene comune.
Questo semplice gesto – impugnare lo straccio o passare la scopa – insegna più di mille lezioni di educazione civica. Responsabilità, collaborazione e gratitudine diventano parte naturale della crescita.
Conoscere per piacere, non per voto
Nel sistema giapponese, imparare è un piacere, non un obbligo. Non esistono voti né classifiche: le verifiche servono solo a capire dove migliorare, non a giudicare. L’attenzione si sposta dal risultato al percorso, dall’ansia da prestazione alla curiosità.

Il messaggio è chiaro: il valore di un bambino non si misura con un numero. Si misura con la sua capacità di pensare, di aiutare, di rispettare e di crescere insieme agli altri.
Dal gioco all’impegno: la svolta dopo i 10 anni
È dopo la quarta elementare che il sistema cambia nettamente ritmo. Arrivano gli esami, le sfide, e quella che in Giappone viene chiamata shiken jigoku, “l’inferno degli esami”. Gli studenti iniziano a prepararsi per i test d’ingresso alle scuole superiori e università, con una dedizione impressionante.
Eppure, anche in questa fase più competitiva, resta forte l’impronta dei primi anni: la disciplina, la gentilezza e il rispetto rimangono il cuore della formazione. Perché il Giappone sa che non basta formare studenti eccellenti: bisogna formare persone equilibrate.
Una lezione anche per noi
In Italia, spesso la scuola ruota attorno ai voti. Le verifiche diventano fonte di stress, e un numero sul registro può influenzare la fiducia di un bambino in sé stesso. Il Giappone ci ricorda che educare non significa solo istruire, ma accendere nei ragazzi la voglia di conoscere, di migliorare, di esistere con dignità.

Forse il segreto non è eliminare i voti, ma ricordare cosa c’è prima dei voti: il desiderio di imparare, la curiosità, e la gioia di scoprire il mondo.