In un tranquillo campo del Suffolk, nell’Inghilterra orientale, si celava un enigma che ha sfidato il tempo per 400.000 anni: le tracce del più antico fuoco creato e controllato intenzionalmente dall’uomo. Una scoperta sorprendente, pubblicata sulla rivista Nature, che rivoluziona ciò che sapevamo sull’evoluzione umana e anticipa di 350.000 anni le precedenti prove archeologiche legate alla capacità dei nostri antenati di produrre fuoco.
Finora, l’esempio più sicuro di accensione deliberata proveniva dal nord della Francia e risaliva a “soli” 50.000 anni fa. Ma il sito di Barnham ha spalancato una finestra inattesa sul passato, cambiando radicalmente la cronologia di una delle conquiste più importanti dell’umanità.
Una scoperta che ha stupito gli archeologi
Il team guidato da Nick Ashton, curatore delle collezioni paleolitiche del British Museum, ha individuato prove considerate inequivocabili. Tra queste:
- sedimenti arrossati che formavano un antico focolare,
- asce di selce fratturate dal calore,
- e soprattutto due frammenti di pirite, il minerale capace di sprigionare scintille se percosso contro la selce.
È proprio la pirite, soprannominata “l’oro degli sciocchi”, a rappresentare la vera svolta: non era presente naturalmente nell’area, il che suggerisce che gli abitanti del sito la procurarono altrove, consapevoli della sua capacità di generare scintille.
Secondo Ashton, questa è la “scoperta più emozionante” dei suoi quarant’anni di carriera. Il coautore Rob Davis, archeologo del British Museum, sottolinea quanto la creazione del fuoco rappresenti un punto di non ritorno nella storia umana, trasformando la vita quotidiana dei nostri antenati.
Perché produrre fuoco fu una rivoluzione
L’accensione del fuoco non era una semplice comodità: fu un passaggio evolutivo che cambiò tutto. Consentiva infatti di:
- riscaldarsi,
- proteggersi dai predatori,
- cuocere il cibo, rendendolo più digeribile e nutriente,
- produrre tecnologie e adesivi,
- creare un punto di aggregazione sociale, probabilmente attorno a storie e rituali.
Tuttavia, ricostruire quando l’uomo abbia iniziato a produrre fuoco volontariamente è sempre stato complicato. Le tracce rare si cancellano facilmente nel tempo e distinguere un incendio naturale da uno deliberato è un problema noto nell’archeologia del Paleolitico.
Studi precedenti in Israele, Kenya e Sudafrica suggerivano l’uso del fuoco tra 800.000 e oltre un milione di anni fa, ma senza prove chiare che fosse acceso intenzionalmente.
Le prove scientifiche: il focolare di Barnham parla chiaro
Le analisi chimiche del sedimento hanno rivelato:
- temperature elevate, compatibili con la combustione concentrata di legna;
- alterazioni minerali dovute a focolari riutilizzati più volte;
- firme chimiche incompatibili con un semplice incendio naturale;
- strumenti di selce modificati dal calore, chiara testimonianza dell’interazione umana.
La pirite, proveniente da un’area esterna al sito, è considerata la “pistola fumante”: indica non solo l’uso del fuoco, ma una tecnologia di accensione consapevole e ripetuta.
Chi erano gli autori di questa conquista?
Sebbene non siano state rinvenute ossa umane, la presenza di strumenti di selce e l’analisi dei contesti permettono di individuare i probabili protagonisti: i primi Neanderthal, presenti circa 400.000 anni fa a Swanscombe, nel Kent, non lontano (circa 130 km). All’epoca la Gran Bretagna era collegata al continente europeo da un ponte di terra, rendendo plausibile la loro presenza nel Suffolk.
Una scoperta che cambia la storia
La rivelazione di Barnham non è solo una curiosità archeologica: ridisegna la mappa delle abilità cognitive dei nostri antenati e offre nuove prospettive sull’evoluzione culturale dell’umanità.
Scoprire che il controllo del fuoco era già una competenza stabile 400.000 anni fa ci avvicina un po’ di più alla mente dei primi hominini esperti, capaci di innovare, sperimentare e trasformare l’ambiente in modi sorprendentemente moderni.