Condannati a pagare 30.000 euro al vicino… per il gracidio delle rane
La famiglia dovrà, inoltre, limitare il “coro notturno” del proprio stagno

In Austria una tranquilla oasi domestica si è trasformata in un incubo giudiziario. La famiglia Knoll, di Pasching, nel distretto di Linz-Land, è stata condannata a pagare tra i 25.000 e i 30.000 euro di spese legali, oltre a dover garantire che le rane del proprio laghetto non facciano troppo rumore tra le 22:00 e le 6:00 del mattino.
Austria, condannati a pagare 30.000 euro al vicino… per il gracidio delle rane
Tutto è iniziato quando un vicino, esasperato dai versi dei batraci che abitano lo stagno, ha dichiarato di non riuscire più a dormire con la finestra aperta. I Knoll, per stemperare la tensione, avevano persino offerto vino e tappi per le orecchie, oltre ad adottare misure “ecologiche” come introdurre un luccio nello stagno per tenere sotto controllo la popolazione di rane.
Ma il pesce, più buongustaio che efficace predatore, non ha risolto il problema: anzi, il gracidio è sembrato aumentare.
A seguito di un’ingiunzione, un perito ha misurato i livelli sonori confermando che il rumore, soprattutto di notte, superava la soglia consentita. Dopo mesi di attesa, il tribunale distrettuale di Traun ha emesso una sentenza che, secondo i media locali, rappresenta un precedente mai visto prima in Austria: fino a poco tempo fa, cause simili venivano respinte in quanto il gracidio era considerato un suono naturale.
Quali soluzioni?
Il tribunale non ha specificato come ridurre il rumore, lasciando ai proprietari “carta libera” sulle soluzioni. L’ipotesi più concreta sarebbe una barriera antirumore alta circa cinque metri, ma servirebbe un permesso speciale del comune, non scontato da ottenere.
La rimozione delle rane, comunque, è esclusa: la legge sulla conservazione della natura vieta di catturarle o eliminarle. Le misure alternative potrebbero richiedere anni prima di dare risultati concreti.
Preoccupato per l’impatto della sentenza, il figlio della famiglia ha lanciato una raccolta fondi su GoFundMe, temendo una “ondata di cause legali” simili.
A sottolineare l’assurdità del caso, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, osserva che “le rane sono animali selvatici e imporre limitazioni ai proprietari di stagni appare più un paradosso che un obbligo giuridico sensato”.