Certe storie non nascono da una sceneggiatura perfetta ma da un atto di incoscienza artistica. È il caso di Victoria, un film che non è solo un thriller ad alta tensione ma anche una sfida tecnica portata al limite dell’impossibile.
Girato in un unico, ininterrotto piano sequenza di oltre due ore, il film di Sebastian Schipper è un’impresa cinematografica che ha dell’incredibile. Nessun trucco, nessun montaggio, nessuna seconda chance. Solo una notte, una telecamera e il battito vivo di Berlino.
Una notte tutta d’un fiato
Era il 27 aprile 2014. Alle 4:30 del mattino, nel cuore ancora addormentato dei quartieri di Kreuzberg e Mitte, la macchina da presa guidata con maestria dal norvegese Sturla Brandth Grøvlen ha iniziato a muoversi. Non si sarebbe più fermata fino alle 6:54. Un solo take, 138 minuti senza stacchi, una danza continua tra attori, camera e città.
La sceneggiatura? Solo dodici pagine. I dialoghi? Perlopiù improvvisati. Schipper non cercava la perfezione ma la verità. E per trovarla, ha accettato il rischio più grande per un regista: girare tutto in una sola notte. Aveva promesso una versione “jump-cut”, con montaggio tradizionale, per rassicurare i finanziatori. Quella versione, girata in dieci giorni con shot da dieci minuti ciascuno, esiste davvero. Ma Schipper l’ha definita senza mezzi termini: “non buona“.
Con il budget rimasto, ha potuto tentare il piano sequenza soltanto tre volte. Il primo tentativo è stato prudente, troppo calcolato. Il secondo, invece, eccessivamente esuberante. Il terzo — quello giusto — ha centrato l’equilibrio perfetto: un mix di adrenalina e vulnerabilità che ha dato vita a un film come nessun altro.
La trama di Victoria
La storia di Victoria è, di per sé, semplice: una giovane spagnola, da poco a Berlino per lavorare come cameriera, incontra per caso Sonne e i suoi amici, ragazzi del posto che le promettono di mostrarle la “vera Berlino”. Quella che inizia come una notte spensierata si trasforma in una discesa vertiginosa, quando il gruppo viene coinvolto in una rapina per saldare un vecchio debito.
Ma è il come viene raccontata questa storia a rendere Victoria un film unico. La camera segue i personaggi ovunque: in strada, nei locali, nei sotterranei di una città che sembra respirare insieme a loro. Il risultato è un’esperienza immersiva, che non lascia mai spazio al respiro. Ogni scelta, ogni sguardo, ogni esitazione è reale. Non c’è tempo per recitare: si può solo essere.

Dietro alla regia c’è Sebastian Schipper, che ha saputo trasformare una sfida logistica in un potente atto espressivo. In scena, spiccano Laia Costa nei panni della protagonista e Frederick Lau in una performance intensa e piena di sfumature. Entrambi straordinari, entrambi “vivi” davanti alla camera.
Victoria non è solo un film da vedere. È un’esperienza da vivere tutta d’un fiato. Perché in fondo, come nella vita, tutto può cambiare in una notte. E non c’è mai una seconda possibilità per ripetere quel momento.