CROLLA UN MITO?

John Travolta non ballava sui Bee Gees in La Febbre del Sabato Sera: la verità dietro un mito del cinema

Durante le riprese, infatti, le musiche della leggendaria colonna sonora non esistevano ancora. Su quale base ballava allora Tony Manero?

John Travolta non ballava sui Bee Gees in La Febbre del Sabato Sera: la verità dietro un mito del cinema
Pubblicato:

Per decenni abbiamo ballato (o ci abbiamo provato) imitando Tony Manero, convinti che i suoi passi fossero perfettamente sincronizzati con le immortali hit dei Bee Gees. Chiunque abbia visto La Febbre del Sabato Sera ha almeno una volta associato le movenze ipnotiche di John Travolta a brani come Stayin’ Alive, “Night Fever o You Should Be Dancing. E invece… no. Travolta non stava ballando sui Bee Gees. Anzi, le canzoni simbolo del film non erano nemmeno state composte al momento delle riprese.

Sì, avete letto bene: il mito crolla. Ma andiamo con ordine.

Quando l’apparenza inganna

Era il 1977 quando La Febbre del Sabato Sera arrivò nei cinema, portando con sé una ventata di paillettes, colli a punta e scarpe a zeppa. Un fenomeno culturale prima ancora che cinematografico, capace di trasformare il ballo in una forma di riscatto e Travolta in un’icona.

La locandina di "Saturday Night Fever"
La locandina di "Saturday Night Fever"

Eppure, sotto i riflettori colorati della discoteca 2001 Odyssey, qualcosa non tornava. Il celebre pavimento luminoso – costruito appositamente per il film a un costo di 15.000 dollari (una cifra non da poco all’epoca) – pulsava a ritmo… ma non dei Bee Gees.

Durante le riprese, infatti, le musiche della leggendaria colonna sonora non esistevano ancora. I fratelli Gibb vennero contattati dal produttore del film solo in un secondo momento e accettarono di comporre i brani in un weekend. Tutto fu inserito in post-produzione. Travolta, quindi, ballava su altri pezzi, tra cui - apparentemente - alcune non meglio specificate canzoni di Stevie Wonder e “Lowdown” di Boz Scaggs.

La magia del montaggio

Il risultato finale, grazie a un sapiente lavoro di montaggio, è talmente convincente da aver ingannato generazioni di spettatori. La sincronia tra movimenti e musica è così perfetta che nessuno si è mai chiesto se fosse reale. Ma il cinema è anche questo: un’illusione ben costruita, una magia che funziona finché non guardi troppo da vicino.

 

 

E proprio osservando da vicino, si scopre che La Febbre del Sabato Sera è piena di contraddizioni: il protagonista che non amava l’ambiente delle discoteche (che, tra l’altro, a New York stava già passando di moda), la storia “ispirata a fatti veri” rivelatasi una completa invenzione, e un sequel – Staying Alive diretto da Sylvester Stallone – che ha provato a riaccendere la febbre… con scarsi risultati.

Ma il mito resta

Nonostante le bugie, gli inganni e i miti smontati pezzo dopo pezzo, La Febbre del Sabato Sera resta un cult indiscusso. Il personaggio di Tony Manero, la sua camminata sulle note di Stayin’ Alive (che poi, ancora una volta: non era quella la musica originale…), e quel mix di sogno, rabbia e riscatto continuano a toccare corde profonde.

E forse, proprio perché era tutto finzione, ci abbiamo creduto ancora di più.